mercoledì 5 giugno 2013

Uranio impoverito, "Lasciato solo, vendo la casa per curarmi"... Il maresciallo Diana: "Vendo la casa, la Difesa non ha neppure aperto il faldone con la mia pratica"

Dopo essere stato tradito dall’uranio impoverito utilizzato dagli americani durante le operazioni dipeacekeeping in Bosnia - gli è stato diagnosticato un carcinoma endocrino di classe A - è ora costretto a subire le colpevoli disattenzioni del Ministero della Difesa, ovvero dall’Ente che più di ogni altro avrebbe il dovere di tutelarlo. Il dramma del maresciallo in congedo Marco Diana, 45 anni compiuti lo scorso maggio, cittadino di Villamassargia (Ca), dunque, continua. “Se voglio continuare a restare vivo e curarmi sono costretto a mettere in vendita tutto ciò che possiedo: la mia casa, interamente arredata, la vigna e anche qualche terreno. Vi chiedo la cortesia di diffondere quest’annuncio in modo che se qualcuno è interessato mi contatti al più presto”: è questo l’urlo di dolore che l’ex carrista è stato costretto a postare sul suo profilo Facebook.
Il militare, che aveva acquisito dal Ministero della Difesa l'impegno al rimborso di tutte le spese sanitarie sostenute, quest’anno non ha ancora ottenuto la restituzione delle somme anticipate per curarsi e per raggiungere un importante centro per il trattamento del cancro di Milano. “Fino a quando a occuparsi della pratica è stato il Comando Militare della Sardegna, seppur con qualche alto e basso, le cose andate abbastanza bene”, dice Diana: Il Ministero ha, infatti, sino allo scorso anno rimborsato regolarmente tutte le spese sostenute dall’ex maresciallo. L’aver portato l’uniforme con “onore e fedeltà” è costato tantissimo all’ex carrista dei Granatieri di Sardegna che, dopo aver servito l’Italia in tante contrade del mondo, è da tempo malato di una rarissima forma di neoplasia, una patologia che, secondo i medici, è stata causata dalla contiguità con proiettili all’uranio impoverito.
Il problema dei rimborsi si è palesato quando la Difesa ha deciso di trattare l’incartamento negli uffici della Capitale. “Ho spedito la pratica all’ufficio competente, così come richiesto, il 28 gennaio 2013: sono passati ormai più di quattro mesi ma ancora non ho avuto risposta, nonostante i miei documenti debbano essere trattati come “urgenti” nel giro di sessanta giorni dall’Ispettorato Generale della Sanità Militare (Igesan) ”, spiega Diana. Secondo l’ex maresciallo, invece, il suo caso non è stato ancora analizzato. Diana in sostanza si sente tradito dagli ex colleghi: “Non si rendono conto del male che mi stanno facendo: mi stanno umiliando, a loro non importa che, a causa di una tosse che non mi lascia 24 ore su 24, io non riesca, ormai da molti anni, neppure a dormire”. Il caso del militare sardo è la punta di un iceberg.
Il calvario era cominciato dopo un ricovero in una clinica pubblica per accertamenti. I medici militari nelle visite di routine cui sono sottoposti i reduci delle missioni di pace non avevano rilevato alcuna anomalia. Ci sono voluti, in sostanza, alcuni anni per capire, attraverso alcune biopsie, che c’era un nesso causale tra la patologia e il suo impiego nelle missioni di pace. “Gli esperti appurarono che il mio fisico aveva subito un forte contagio di metalli pesanti”: l’orrendo omaggio dell’isotopo u-236, uno scarto dei reattori nucleari, l’uranio impoverito che le forze armate americane hanno utilizzato nei paesi dell’Est per rafforzare l’effetto dei proiettili nel corso dei combattimenti.
fonte. tiscali